LA PAROLA AGLI ESPERTI

LA PAROLA AGLI ESPERTI

RISPETTO AGLI ANNI “90, QUANDO LA NOSTRA RIVISTA MUOVEVA I PRIMI PASSI, A OGGI, INTERNET HA APERTO LE PORTE DEL COLLEZIONISMO AGLI APPASSIONATI DI TUTTO IL MONDO. MA ANCHE ALTRE VARIABILI HANNO INFLUENZATO IL CAMBIO DI MARCIA DEL MERCATO NEGLI ULTIMI 30) ANNI (CIRCA)

Come è cambiato il collezionismo di orologi negli ultimi trent’anni? Quali segnatempo andavano di moda negli anni ‘90 e quali hanno avuto le migliori
rivalutazioni? Abbiamo chiesto un parere a quattro esperti di altrettante Case d’asta specializzate.

“NEGLI ANNI 90 1 PIONIERI DEL COLLEZIONISMO CONSAPEVOLE — SPIEGA GIOVANNI VARESI, RESPONSABILE PER L’ITALIA DI ANTIQUORUM — non avevano molte possibilita di approfondire e studiare i segnatempo, si affidavano ai pochi libri e al parere di commercianti/esperti di Case d’asta. Gli strumenti tecnici a disposizione non consentivano di archiviare digitalmente il materiale e di fare confronti che oggi tanto piacciono ai collezionisti 2.0. L’acquisto era spesso fatto di pancia, senza curarsi troppo di fattori oggi ritenuti determinanti per la scelta di un esemplare. Queste differenze nel modo di collezionare consentivano a diversi marchi di popolare le aste internazionali ed essere battuti a cifre degne oggi solo dei
brand pit blasonati. Un esempio lampante era costituito da Movado e Patek Philippe. Pur avendo listini completamente differenti (Patek Philippe poteva costare quasi dieci volte un Movado della stessa tipologia, da nuovo), in asta alcuni cronografi Movado (in particolare
quelli con tasti tondi e cassa firmata da Francois Borge) potevano arrivare alla meta dell’aggiudicazione di un Patek Philippe Ref.1463 nello stesso metallo Cho parlato di questo
modello, poiché condivide con il Movado colui che ne ha realizzato la cassa, Francois Borge appunto).

Questo fenomeno, oggi assolutamente non realistico, ¢i permette di arrivare alla conclusione che negli anni 90, pur tenendo ovviamente conto del blasone, gli orologi si
acquistavano anche e soprattutto per senso estetico e contenuti tecnici, mentré oggi impera assolutamente il pensiero speculativo. Questa tendenza ha portato a un divario consistente tra la richiesta dei blasoni universalmente desiderati e quella dei marchi minori, trovandosi di fatto nella situazione in cui alcuni brand hanno liste d’attesa di anni e prezzi sul mercato parallelo di svariate volte superiori ai listini, ed altri invece hanno un valore di scambio del 10% rispetto.

di Andrea Schillaci

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